“La ricerca della felicità è una missione che dura un’intera vita e noi possiamo avere un ruolo attivo in questo, decidere di vederla e fare il possibile per raggiungerla, inseguendo ciò che ci fa battere forte il cuore e ci illumina gli occhi.”
Daniel Di Martino
A 19 anni avevo già tutto ben chiaro e definito. O almeno, così credevo… comprai una piccola attività commerciale nel ramo della ristorazione. Mi occupavo di tutto, sceglievo e gestivo le risorse sia materiali che umane, dirigevo la linea operativa, avevo qualcosa di mio su cui avevo pieno potere di iniziativa e che potevo far evolvere a seconda delle mie idee. Oltre a questo, lavoravo anche nel mondo della notte in un locale molto frequentato che mi permetteva di guadagnare degli extra rispetto alla mia attività principale diurna e divertirmi allo stesso momento. Non dipendevo da nessuno, avevo due entrate economiche differenti e indipendenti, mi divertivo e stavo sempre in mezzo alle persone… ma un giorno mi resi conto che in realtà non stavo facendo altro che lavorare per guadagnare e poi spendere quel ricavo in altre attività che mi facessero sentire felice. Non ero felice, non avevo uno scopo, lavoravo solo per soddisfare le mie voglie e i miei bisogni… la notte andavo a dormire con un senso di vuoto e la mattina mi svegliavo senza la voglia di iniziare un nuovo giorno. Sentivo che mi mancava qualcosa… quel qualcosa che dava senso, scopo e significato alla mia vita, che mi facesse vivere ogni giorno sentendo di essere utile al resto del mondo o almeno anche solo ad una persona… quel qualcosa che nel preciso momento in cui la sto facendo sono semplicemente già felice e soddisfatto perché la sto facendo, senza sentirla come un peso o una fatica, ma come qualcosa di impegnativo ma leggero allo stesso tempo… quel qualcosa che riesca a fare bene e che mi venga naturale, che gli altri in qualche modo mi riconoscano competente in essa e che soddisfi i bisogni degli altri in qualche modo… quel qualcosa in cui potrei essere abile e che possa essere pagato per farla… ma non solo, che sia stimolante e che non mi faccia annoiare. Quel qualcosa, dopo anni, lo trovai: era la psicologia. Ancora non lo sapevo, ma io non avevo fatto altro che scoprire il mio IKIGAI!
Quest’ultimo deriva dall’unione dei termini giapponesi “Iki” = vivere & “Gai” = ragion d’essere, senso, scopo, qualità, valere la pena. È un concetto per indicare una “pienezza di senso concretamente vissuta, la ragione del proprio vivere” (Mathews 1996; Mori et al. 2017; Park 2015).
Questa vera e proprio filosofia di approccio alla vita e alla professionalità si sviluppa inizialmente nella città dell’isola di Okinowa, caratterizzata per la longevità dei suoi abitanti. Infatti, è possibile contare un numero molto alto di ultracentenari (la percentuale più alta al mondo!) e le persone di 80 anni usano il motorino o la mountain-bike, ballano, praticano il karate e si occupano dell’orto durante tutto il corso dell’anno, dimostrando così elevati livelli di salute e benessere fisico e, di conseguenza, psicologico. Si tratta di una società profondamente collettivista, caratterizzata da un forte senso di appartenenza comunitaria rinvigorita dal principio del mutuo soccorso, inteso come la ricerca dell’indipendenza per non gravare sugli altri. L’unione di queste buone pratiche di vita e la riflessione a più ampio spettro che le riguardano hanno così contribuito a far nascere e teorizzare questo metodo di vita che ha incuriosito e affascinato anche diversi autori, tra cui Dan Buettner, giornalista del National Geographic Magazine e del New York Times, che a seguito della sua permanenza in Giappone, ha affermato che nella zona di Okinawa, l’Ikigai è visto come “una ragione per svegliarsi al mattino”. Tutti, secondo la cultura giapponese, avrebbero il proprio Ikigai. Trovare quale sia la ragione della propria esistenza richiede, però, una ricerca interiore che può spesso essere lunga e difficile. Tale ricerca viene considerata molto importante e la sua conclusione positiva porta alla persona una profonda soddisfazione. Per quelli che perseguono il proprio Ikigai con perseveranza e determinazione, possono esserci sia aspetti positivi che conseguenze negative: infatti, coloro che vivono la vita con estrema passione rischiano di esserne consumati sino alla degradazione. Bettina Lemke, autrice, curatrice, consulente editoriale e traduttrice, sostiene che trovare l’Ikigai consente di
“condurre un’esistenza piena e degna di essere vissuta”.
Bettina Lemke
Questa definizione riporta subito alla mente quella di eudaimonia, trattata nell’ambito della psicologia positiva che si occupa delle potenzialità dell’uomo e dei fattori che “rendono la vita degna di essere vissuta” (Peterson 2008), che pone le proprie fondamenta sul principio secondo cui le persone sviluppino le proprie abilità e talenti e le mettano al servizio di scopi più grandi o elevati, in particolare, del benessere altrui o dell’umanità (Seligman, Peterson, Park 2005). Il benessere eudaimonico, infatti, può essere raggiunto in due modi: attraverso lo sviluppo personale, che comprende gli sforzi che facciamo per cambiare, per crescere e per migliorarci; la trascendenza, ovvero l’impegno rivolto a qualcosa esterno da noi, cioè trovare uno scopo nella nostra vita e agire di conseguenza. Dietro alla parola parola Ikigai si cela una vera e propria filosofia di vita in cui troviamo la vocazione di una persona, la sua grande passione ed il motivo per cui svegliarsi ogni mattina, nonché ciò che causa il proprio “appetito per la vita” e le dà significato, senso e direzione. L’Ikigai, quindi, non rappresenta solo la sintesi di questi concetti teorici, ma una vera e propria metodologia per metterli in pratica che si fonda su questi cinque pilastri:
Il piccolo libro dell’Ikigai
Ken Mogi
L’Ikigai non si trova solo nelle «grandi attività» o nella professione, ma anche nei piccoli aspetti della vita di tutti i giorni, come vedere il sole sorgere la mattina o tramontare la sera, godere di un bel paesaggio o di piccoli gesti o dei gusti e delle sensazioni che sperimentiamo in un dato momento quotidiano.
L’Ikigai è un metodo che può essere estremamente utile per l’orientamento professionale, nello specifico può essere utilizzato in fase di orientamento o ricollocamento professionale, per fare il bilancio delle competenze e per la ricerca del benessere personale e professionale. Infatti, seguendo un noto schema teorizzato da Marc Winn utilizzando i principi dei diagrammi di Eulero Venn, in realtà per trovare il proprio Ikigai è necessario combinare queste aree:
Il proprio Ikigai si trova quindi nel punto in cui si incrociano la tua passione, la tua missione, la tua professione e la tua vocazione. L’attività che risponderà a quella intersezione sarà in grado di generare anche il senso di “Flow”, definito dallo psicologo ungherese Mihály Csíkszentmihályi come
“una condizione in cui le persone sono così prese in un’attività che nessun altra cosa sembra contare; l’attività è così piacevole che queste persone continuano anche se questo costa loro moltissimo, per il puro piacere di farlo”.
Mihály Csíkszentmihályi
Queste attività sono caratterizzate da impegno elevato di energie e risorse, in quanto richiedono grandissimo sforzo, ciò nonostante, lo stato di completo assorbimento che ne consegue permette di raggiungere un vero stato di grazia che consente anche di raggiungere ottimi risultati in termini di qualità della performance. Senza dover approfondire ulteriormente il concetto di flow, è chiaro che une persona la cui attività professionale consenta di raggiungere tale condizione ha sicuramente la fortuna di aver identificato il punto in cui professione, vocazione, passione e missione si incrociano. Alla luce di quanto appena esposto, è chiaro che l’Ikigai è un concetto complesso e multi costrutto, alcuni di questi psicologici e, quindi, che possono essere definibili, individuabili, misurabili e valutabili, quali: la motivazione, la soddisfazione di vita, i valori, le risorse, la dimensione di senso, la resilienza e la conoscenza del sé.
Io credo che vivere significhi questo, trovare quel qualcosa che non ci fa vedere l’ora di averne ancora e ancora e ancora. Quel qualcosa quasi mai arriva subito, dobbiamo esplorare diverse opzioni prima di incontrarlo. Provare, sbagliare e ricominciare la ricerca finché non la incontriamo, non la vediamo nitida davanti a noi che protende le sue braccia verso di noi. Ci inebria della sua presenza e ci fa sentire utili, con uno scopo e felici mentre la svolgiamo. Questo diventa possibile solo quando
“si vive una vita virtuosa in cui si realizzano le proprie potenzialità”.
Aristotele
Il primo passo è riuscire a scoprire quali siano quelle attività che ci fanno brillare gli occhi e ci assorbono, creando in noi un senso di “flow”. Inoltre, che ci spinga alla ricerca di “esperienze affettive positive che possono contribuire a lungo termine alla crescita e allo sviluppo personale” (Fredrickson 2001). Il fine ultimo è quello di raggiungere la soddisfazione per la propria vita. Ciò che ci guida attraverso questo percorso di scoperta e di vita, sono i valori e la motivazione, e questi ci identificano e ci spingono nelle differenti direzioni. La loro comprensione ci consente di conoscerci meglio e di compiere scelte che siano autentiche. Il legame stretto che collega rendimento e soddisfazione è una relazione reciproca nella quale entrambi questi aspetti si influenzano vicendevolmente. Infatti, una persona soddisfatta della propria vita, del proprio percorso formativo o professionale, è una persona che tenderà ad ottenere risultati più elevati e raggiungerà il successo nelle attività che pratica. Allo stesso tempo, una persona che ha un rendimento elevato sarà tendenzialmente più soddisfatta della propria vita.
La ricerca della felicità è una missione che dura un’intera vita e noi possiamo avere un ruolo attivo in questo, decidere di vederla e fare il possibile per raggiungerla, “vivendo una vita degna di essere vissuta” inseguendo ciò che ci fa battere forte il cuore e ci illumina gli occhi. L’Ikigai è un mezzo, anzi, un’opportunità che può aiutarci in questo e ti auguriamo di coglierla!
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