di Sarah Noemi Bonomi
Articolo originale pubblicato su https://www.managementtalks.it/2022/12/11/il-mindset-che-favorisce-la-serendipita/
Il mindset che favorisce la Serendipità
Che beneficio può esserci nel trovare ciò che non si sta cercando?
Ti è mai capitato di fare una scoperta fortuita, non frutto di una ricerca precisa in quella direzione?
È accaduto e continua ad accadere a ricercatori, scienziati e scrittori, esploratori, che compiono scoperte inattese ed importanti durante le loro ricerche. Un esempio? Cristoforo Colombo, Michael Faraday, Claude Bernard e molti altri che cercavano le “Indie” e hanno trovato le “Americhe”. Nel suo libro “La via dello sperimentatore. Esperienze di uno scienziato nella ricerca medica” il fisiologo Walter B. Cannon riporta diversi esempi di scoperte scientifiche avvenute per caso, arrivando così a coniare la parola “serendipity” e a dedicarle un capitolo intitolato “Risultato della serendipity”.
Ma anche a tutti noi, senza essere per forza ricercatori o scienziati, può capitare nella vita quotidiana di vivere momenti di serendipità che ci arricchiscono e accrescono, sia a livello personale che professionale.
Dobbiamo essere pronti a riconoscere e cogliere i momenti di serendipità. Si tratta di un “mindset”, ovvero un atteggiamento mentale che predispone alla serendipità.
Ma cosa si intende per Serendipità? Serendipity o serendipità, è un neologismo (1754), che indica il “fare una scoperta fortuita, non frutto di una ricerca precisa in quella direzione, trovare qualcosa di valore e di piacevole mentre non lo si stava cercando”.
La parola nasce dalla fiaba persiana I tre principi di Serendippo, antico nome dello Sri Lanka, che narra la storia di tre principi aventi la capacità di fare scoperte innovative del tutto casuali.
Da un punto di vista psicologico e neuroscientifico, la serendipità è anche il predisporsi a uno stato d’animo, alla ricerca della sensazione e all’accoglimento della sorpresa. Potremmo a mio avviso definirla come una capacità, “di trovare ciò che non si sta cercando, restando aperti mentalmente e più ricettivi”. Una sorta di abilità che, forse, si può allenare.
Le ricerche nel campo non sono ancora così ampie per poterla definire con certezza, ma uno studio interessante dei ricercatori della Sapienza di Roma (in collaborazione con Fondazione Santa Lucia), ipotizza di aver identificato la struttura neurale alla base della serendipità.
I ricercatori hanno condotto degli esperimenti con l’obiettivo di stimolare l’attenzione selettiva dei partecipanti, presentando una serie di lettere su una parete per brevissimi intervalli di tempo.
Partiamo da una premessa: noi sappiamo che per il cervello umano è difficile cogliere stimoli diversi (ad esempio la lettera y vicino alla lettera B in un punto della parete) se essi vengono presentati l’uno dopo l’altro, separati da uno spazio temporale molto breve (ad es. -300ms).
Quello che ha incuriosito i ricercatori è che per alcuni, l’abilità di riconoscere stimoli normalmente non percepiti si affinava col passare del tempo. Con stupore si è scoperto che l’abilità delle persone di cogliere stimoli non prevedibili e non regolati dallo scandire del tempo (es. 300 ms) tendeva a migliorarsi man mano che nuovi stimoli non regolari si presentavano.
In altre parole, quando le persone si abituavano a “non avere particolari aspettative” rispetto ad uno stimolo, coglievano elementi che altrimenti non avrebbero notato.
Questo cosa significa per noi? Significa che il nostro cervello usa dei “trucchetti” ed è come se mettesse in moto un aumento dell’attenzione per colmare il fatto che non sa bene cosa aspettarsi in certe situazioni. Forse questo elemento può costituire la base della serendipità: il cervello è predisposto ad essere attivo, vigile, a cogliere con attenzione ma senza avere aspettative specifiche.
Si intuisce come questa capacità dipendamolto da una “predisposizione” umana, dettata anche da diversi fattori. Senza dubbio alla base ritroviamo uno stato d’animo pronto ad accogliere piaceri e scoperte inaspettate, a ciò si aggiungono alcune condizioni che possono facilitarlo.
Tutto questo potrebbe comportare nella vita personale e professionale innumerevoli benefici e implicazioni. La serendipità apre all’innovazione, alla pro-attività, al fare “altro”. Non significa limitarsi ad aspettare, ma ricercare l’inaspettato e creare cambiamenti. In contesti organizzativi dove l’errore è permesso e non temuto, si moltiplicano le possibilità di avere momenti di serendipità, perché non c’è il timore di sbagliare, di fallire, ma si vede in ogni potenziale errore una scoperta o consapevolezza da portarsi a casa.
Permettere alla mente di sentirsi libera di esplorare è anche un toccasana per il benessere mentale: Concedersi la possibilità di credere che se anche non si trovasse immediatamente la soluzione a un problema essa verrà comunque prima o poi identificata, allenta la tensione lo stress legati all’accanimento mentale del “devo trovare questa soluzione, devo raggiungere questo obiettivo”, pensieri talvolta rigidi e limitanti la qualità della vita.
Far entrare la serendipità nei propri pensieri può essere un’occasione per riconoscere che talvolta le strade panoramiche più belle che incontriamo sono nascoste dietro a deviazioni che non si volevano assolutamente prendere (riprendendo una bellissima frase di Angela Blount).
Buona serendipità a tutti!
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